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L’ABC di Firenze, anzi…del dialetto fiorentino!

dialetto fiorentino

Oggi voglio raccontarvi Firenze in maniera differente dal solito. Raccolgo con piacere l’inziativa del progetto #insider lanciato da Silvia di Trippando per raccontare l’ABC della mia città. Ma non voglio parlarvi di monumenti, chiese, musei o altre attrazioni molto note di Firenze. Voglio raccontarvi la città attraverso il suo famosissimo dialetto fiorentino: modi di dire e termini con cui mi sono letteralmente scontrata appena mi sono trasferita in questa città, ma che mi hanno sempre reso il dialetto fiorentino, il più simpatico d’Italia e che ormai, a distanza di 17 anni, sono entrati nella mia testa (e alcuni anche nel mio modo di parlare).

Pronti a farvi due risate?

A come Acchiappino

Non è un gioco che fanno i bambini in cortile ma è la molletta per appendere (o meglio tendere, se vogliamo rimanere in ambito fiorentino) i panni, quella di plastica o meglio ancora di legno.

B come Bucaioli

Espressione colorita (e anche tipicamente pronunciata in maniera mooolto aspirata) per indicare persone che non sono affidabili, perchè solitamente rimbalzano un  appuntamento o un impegno preso. L’origine del termine è da ricerare in uno degli antichi mestieri fiorentini di raccolta della rena dall’Arno (ve ne avevo parlato in occasione della nostra gita sui barchetti dei Renaioli)

C come Ciantelle

Mio marito chiama così tutte le (MIE) scarpe senza tacco ma il termine indicherebbe propriamente solo le ciabatte.

D come Dimorto

Se state pensando a qualche riferimento “funebre”,vi sbagliate. E’ un’espressione del dialetto fiorentino, usata come rafforzativo dell’aggettivo”molto”. Qui a Firenze una cosa piace o dimorto o un-monte…decidete un pò voi se da che parte vi piace stare 🙂

E come Eddiè

Questa parola bisognerebbe davvero sentirla per capirne la simpatia e anche il significato. Ha il significato di “come no!”, un intercalare tipico che si porta dietro anche un certo senso di “te l’avevo detto”: un mix perfetto per moltissime circostanze.

F come Fihoso

Sentito la prima volta, mi sapeva di di persona figa… beh, tutto l’opposto! Tanto per capirci, ora è l’epiteto adatto a mio figlio quando non vuole mangiare qualcosa (che gli piace) per il solo fatto che in quel momento non gli sta bene nulla…chiaro il senso, no?

G come Granata

Se qualcuno in casa vi dice “passami la granata”, non vi aspettate che vi stia chiedendo una bomba, nè alcuna attrezzatura bellica: vi sta semplicemente chiedendo di passargli la…scopa!! (qualcuno mi aiuti a scoprire l’origine di questa parola!)

I come “I’tocco”

Non è un luogo nè una persona. La prima volta che una mia amica di università mi disse “si va a i’ tocco”, io le risposi “e dove è?”. Mi ricordo ancora la sua faccia… perchè i’ tocco non era una mensa, nè bar dove andare a pranzare, ma semplicemente l’una, cioè l’orario di metà giornata, giusto per andare a mangiare!

L come Lapis

Ora mi direte tutti che Lapis è una parola del vocabolario italiano. Vero. Ma io non l’avevo mai usato a scuola, e ci sono tante varianti e parole composte in cui il dialetto fiorentino entra a gamba tesa. Con questo voglio dirvi che se andate in cartoleria a comprare un temperino, vi guarderanno con sospetto, mentre se chiederete un “appunta-lapis”, sarà tutta un’altra cosa!

M come Mimmi

Anche questa parola l’ho “imparata” con mio figlio, per l’esattezza quando ha iniziato a frequentare il nido e ho sentito le maestre parlare di mimmi. intendendo i bambini. Da qui l’espressione delle mamme fiorentine che portano al parco i loro bambini piccoli, dicendo loro: “andiamo a mimmi?”.

N come Nacchero

Dite la verità, state pensando alle nacchere spagnole, c’ho pensato anche io la prima volta che ho sentito questo termine. Sbagliato, si tratta solo di un’esclamazione per richiamare l’attenzione di una persona (Oh, nacchero!), di cui in quel momento non ricordiamo, o facciamo finta di non ricordare, il nome.

O come “O bischero”

Questa esclamazione nasce da una delle nobili famiglie fiorentini (I Bischeri, appunto) che gestirono con poca furbizia i possedimenti e la case di cui erano proprietari nell’area dove fu poi costruito il complesso del Duomo. Da quel momento con bischero si indica una persona ingenua, che si lascia convincere facilmente senza ben riflettere sulle cose.

P come Pischello

Qui si parla di ragazzi, meglio ragazzini, giovani ancora non iniziati alla vita da adulti. Non so bene quale sia l’età che ufficialmente segna l’inizio dell’essere pischelli, diciamo che la fascia di ragazzi da scuola media e superiore ben si identifica con questo termine.

Q come Quattrini

Anche questo in realtà non è un termine dialettale, ma diciamo poco in uso ad esempio dalle mie parti. Ha però origine proprio in Toscana visto che i quattrini erano le monete del Granducato di Toscana.

R come Razzolare

Con questa parola, mi viene sempre in mente una mia amica con la quale andavo spesso al mercato e che mi proponeva sempre: “si va a razzolare tra i banchi?”. Ecco, proprio come le galline che raspano il terreno, noi andavamo a frugare tra i banchi del mercato alla ricerca di qualcosa da comprare.

S come Sciantillì

Se pensate alla crema pasticcera, vi sbagliate! Io questa parola l’ho scoperta quando sono andata per la prima volta a cercare gli stivali da pioggia (le calosce, per intenderci) per mio figlio. La signora del negozio mi ha guardato e alla mia richiesta,  ha risposto: “Signora, ma che vole, gli sciantillì pe ‘i su’ figliolo?”

T come Toni

Su questo i miei compagni di univesità mi hanno sempre “massacrata”. E’ una delle parole che nemmeno lontanamente farebbe mai pensare al vero significato. Il Toni infatti è la tuta da ginnastica… ma perchè?? E qui ci sono tante versioni, i miei amici di cui sopra, mi hanno sempre detto essere l’acronimo di Tuta Olimpica Nazionale Italiana, realizzata per le Olimpiadi di Berlino del ’36.

U come Uggia

Di questa siamo affetti, a volte, ne sono malata anche io in queste piovose giornate autunnali e sinceramente non saprei, da quando conosco questo termine, in quale altro modo definire il mio stato. L’uggia è l’uggia, un misto di smania, noia e fastidio che si appiccica addosso e difficilmente va via.

V come Venvia

Una delle più belle, a mio avviso, espressioni del dialetto fiorentino. Letteralmente significa “vieni via” ma è usato per intendere “dai su, non è vero”. Esclamato e strascicato a fine di un discorso, vi assicuro che è uno spasso!

Z come Ziba

Anche l’origine di questo termine mi incuriosisce. Non indica la provenienza geografica di una persona, nè il nome di una tribù africana, ma esprime la condizione di zitella di una donna. Se qualcuno sa spiegarmi l’origine, fatevi avanti!


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